No Bici

No Bici

Il presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati, ha scritto una recensione del libro No Bici su Nuova Ecologia. La pubblico su bicisnob ricordando che stasera il libro viene presentato a Milano (alle 21) alla libreria popolare di via Tadino con Alberto Fiorillo (l’autore), Stefano Rodi (Corriere della Sera) e Stefania Fuso Nerini (Fiab Ciclobby).

cop-no-biciLeggi No Bici e scatta l’interrogativo: un libro contro la bici? Oppure? L’involontario riferimento montaliano (“Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo) distrae e lascia germogliare il dubbio. In effetti NON è un libro sulla bicicletta. O almeno non solo sulla bicicletta.

Lo capisci subito dallo stile. Scoppiettante, come quando nell’olio che frigge quando cade qualche goccia d’acqua. Procede per asindeti che permettono flash fulminanti, improvvise illuminazioni che lasciano al lettore tutta la responsabilità di raccogliere la provocazione e proseguire in modo sistematico per proprio conto nella riflessione. Oppure semplici battute fine a se stesse, per il gusto estetico del paradosso, come quando si scomoda addirittura von Clausewitz. Si procede per strappi e accelerazioni, all’opposto dell’andamento ottimale della bicicletta, anche qui c’è il No Bici, a meno che non si pensi alla sconnessa progressione della bici in città.

E’ un vero esercizio di letteratura, riuscito, che ti fa leggere di corsa il libro, seguendo il filo del paradosso, che guida il ragionamento, a cominciare dall’elogio dell’ascensore, con cui il libro si apre, proposto come metafora e simbolo della mobilità sostenibile in città: “l’antesignano spontaneo del car sharing, del bike sharing e del car pooling”. Il gusto del paradosso, va detto, non è una forzatura di Alberto Fiorillo, ma è nelle cose, nello stato in cui versa oggi la mobilità urbana. E’ il modo per tradurre in stile letterario uno stato di realtà, dove l’ironia tesse l’ordito della tela, in forme e tempi variegati, dall’esilarante esercizio di scrittura post-web (se così si può definire), intricato sottobosco di linguaggi tecnici e lingue naturali diverse, all’ode prosaica per l’”arbre magique”, passando per le corrosive motivazioni che gli automobilisti adottano con se stessi e con gli altri per giustificare “l’impossibilità” a passare dall’auto alla bici, per finire alla poesia “E sento che per questo tu stai per dirmi grazie”.

Si susseguono così flash di vita urbana, di nuovi conflitti tra utenti della strada, di spazi rubati ai bambini, insieme a dati e informazioni che per rapide pennellate ti dicono l’essenziale, senza perdere il ritmo narrativo e insieme assolvendo allo spirito giornalistico che anima dal profondo ogni riga che Alberto scrive, da anni. Per arrivare all’analisi antropologica delle tribù che compongono il mondo dei ciclisti (qui mi permetterei di spezzare una lancia a favore dei mountain biker, trattati un po’ troppo severamente, e impropriamente, come tanti emuli di Indiana Jones), a quella più tecnica della mobilità possibile, alle zone 30, al ruolo delle regole per riformare un settore che chiederebbe ai pubblici amministratori innanzitutto coraggio e visione di futuro. Ed è questa visione che viene più volte richiamata, cercando lo spunto spesso nel passato, in un brano di Guareschi o nella profezia inaspettata di fine Ottocento di Alfredo Oriani o nella lettura che lo storico inglese Trevelyan dà della ritirata di Caporetto. Non è un caso che il libro si chiuda con un’intuizione di Mumford che già nel 1963 parlava contro le automobili e sosteneva che “bisogna tornare a pensare alle gambe come mezzo di trasporto”.

Giunto alla fine del libro finalmente hai l’illuminazione e capisci quel titolo. Facendo il verso al No Logo di Noemi Klein, No Bici è tutto ciò che nega la bici, che non è bici e che le si contrappone, nell’occupazione degli spazi, nella mentalità dominante tra gli amministratori, nelle vecchie abitudini dei cittadini, e soprattutto nell’assurdo e totalizzante dominio dell’automobile che è il vero opposto della bici, il più agguerrito No Bici. Nella consapevolezza che comunque la storia ha già fatto il suo salto ed oggi la bici non è più “il mezzo sfigato degli sfigati”. (Vittorio Cogliati Dezza)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *