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Da cicloviaggiatrice in giro per il mondo a Bike Manager sulla Via Silente

Da cicloviaggiatrice in giro per il mondo a Bike Manager sulla Via Silente

Tanta strada in giro per il mondo per arrivare là, sulla Via Silente, in Campania, e costruirsi una professionalità, che di strade nuove ne traccia ogni giorno. Per i cicloturisti. Strade per esplorare, per chi va in vacanza. Ma anche strade per inventarsi un lavoro o un’impresa, che offre consulenza e accoglienza su misura per le due ruote.

Simona Pergola ha 46 anni. Per 20 anni ha lavorato in ambito turistico, nelle strutture e in uffici di consulenza alberghiera, prima di lanciarsi in una nuova avventura internazionale. La sua passione è sempre stata lo sport, la vita e l’attività all’aria aperta.

Intervista a Simona Pergola

Quando ti sei innamorata della bici?
Simona Pergola

«Quand’ero ragazzina La bicicletta era un mezzo di svago. Con un’amica, verso i 14 anni, esploravo la campagna ai margini di Roma, scoprivamo luoghi nascosti e belli. Ma di certo non pensavo che sulla bici avrei potuto costruirmi un futuro lavorativo. Ho praticato per 10 anni l’arrampicata sportiva, sono diventata istruttrice. Poi nel 2014 con Daniele Carletti, il mio compagno di allora, è nato un progetto di viaggio ambizioso».

Dove siete andati?

«Per il mondo, con la bici. L’abbiamo chiamato “Dai 7 Colli ai 7 Passi”, perché volevamo affrontare in bici e superare sette passi montani in luoghi lontani. Sette colli, perché siamo partiti da Roma, con tanto di cerimonia e saluto del sindaco. Era il 2014».

Com’è andato il viaggio?

«Abbiamo pedalato per 60mila chilometri attraverso 35 paesi e 4 continenti. Un viaggio di scoperta durato 6 anni, senza mai tornare in Italia, per promuovere un turismo diverso, responsabile e sostenibile. Ci fermavamo per lavorare, dove possibile, e poi riprendevamo a pedalare. Abbiamo anche raccolto fondi per World Bicycle Relief, un’organizzazione internazionale che distribuisce biciclette per aiutare lo sviluppo di villaggi, dove due ruote possono davvero cambiare la vita di una persona e la sua famiglia».

Avete raggiunto il vostro obiettivo?

«Ci siamo fermati in Perù, mancavano ancora due passi montani. Ma il Covid ha bloccato tutto. Era il 2020, abbiamo dovuto rinunciare e siamo tornati in Italia».

E qui avete avviato un’impresa?

«Abbiamo pensato di unire bicicletta e turismo, organizzando tour di scoperta del territorio, per viaggiatori in cerca di un’esperienza di viaggio lento e consapevole. È nata BeCycling. Nel 2021 ci siano anche diplomati come Istruttori Csen di Trekking e Cicloturismo, presso il Centro Sportivo educativo nazionale, il primo Ente di promozione sportiva italiano riconosciuto dal Coni».

Ti è sempre piaciuto raccontare i viaggi?

«Ho una formazione umanistica, amo scrivere e comunicare. In quel periodo, in particolare, abbiamo collaborato anche con Bikeitalia, tra reportage e una guida cartacea gratuita».

Nuova attività: Bike manager per la Via Silente

Simona Pergola Bike Manager
Simona Pergola come Bike Manager per la Via Silente
Nel 2023 si bloccano i post sui vostri tour: cos’è successo?

«Non siamo più una coppia, il progetto BeCycling si è bloccato. Ma io non mi fermo. Dal 2024 lavoro come editor per Komoot e sono diventata una bike manager».

Bike manager: che cosa fai?

«Mi occupo di assistenza, accoglienza e creazione di itinerari. È una figura professionale nata da qualche anno. Parlo con le persone, spesso il nostro dialogo comincia prima del loro arrivo, tramite e-mail e Whatsapp. Ascolto le esigenze di chi si muove in bicicletta e costruisco l’itinerario giusto, su misura».

La Via Silente

Palazzo ReSilente, sulla Via Silente nel Cilento
Palazzo ReSilente, sulla Via Silente nel Cilento
Dove lavori adesso?

«La mia sede di lavoro è il Palazzo Resilente Hostel, Bike & Lab, a Velina. Siamo sulla Via Silente, un percorso circolare tra costa e montagne nel Parco Nazionale del Cilento, 600 Km suddivisi in 15 tappe».

Come è nata la Via Silente?

«È stata realizzata nel 2014 dall’Associazione “La Via Silente”, a sua volta fondata da un gruppo di ragazzi cilentani per valorizzare e promuovere la loro terra. Il ciclopercorso attraversa il territorio del Parco Nazionale del Cilento, valica gli Alburni, arriva al Vallo di Diano. È uno dei vincitori dell’Oscar italiano del cicloturismo 2024, premio stampa e comunicazione».

Che servizi offre il Palazzo Resilente?

«Ciclofficina, deposito bici, lavanderia, noleggio, servizio navetta in collegamento con la stazione ferroviaria. È un ostello pensato per chi viaggia in bici, realizzato in una vecchia palazzina. Per la ristrutturazione completa è stato speso circa un milione di euro».

Chi sono i proprietari?

«Four Kids Real Estate, un’impresa, che ha altri business. Loro sono i miei datori di lavoro. Il mio impiego è stagionale, sono una freelance, impegnata 10 ore al giorno».

Come organizzi i viaggi dei cicloturisti?

«Ci sono diverse modalità. Do una consulenza base, su cui poi le persone si organizzano in autonomia. Il bello del viaggio in bici è che si possono cambiare itinerari, fermarsi più a lungo in un luogo, esplorare. Magari li aiuto a individuare le tappe principali e le strutture dove dormire. Altrimenti, organizzo un pacchetto dove il viaggiatore non deve più preoccuparsi di nulla.

Può anche chiedere di essere accompagnato fisicamente da una guida, ma non è una richiesta frequente. Di solito i cicloviaggiatori sono in piccoli gruppi, due o quattro persone, e pagare una guida dedicata farebbe lievitare la spesa. Quando arrivano gruppi numerosi, in genere sono già organizzati con una propria guida».

Fornisci materiali, mappe?
Via Silente

«C’è un’app, un sito. La via Silente è stata progettata come un cammino: credenziali, timbri… Il mio briefing iniziale illustra percorso e caratteristiche del territorio. Consiglio dove mangiare, come scoprire luoghi nascosti e non individuati dalla tracciatura».

Un’idea dei costi per una vacanza?

«Circa 1400 euro, per 6 giorni a luglio, con noleggio bici, servizi, pernottamenti e alcune cene».

Cosa vedi nel tuo futuro?

«Questa esperienza mi aprirà porte per costruire altro. Oggi il bike manager non è una figura istituzionalizzata. Spero diventi una presenza fissa nelle strutture ricettive. Vorrei muovermi in diversi luoghi, aiutare strutture, ciclovie e progetti sul turismo a crescere e svilupparsi. Non ha senso creare percorsi se poi sono abbandonati. Qui io sono stata coinvolta proprio per attirare più cicloturisti e incrementare l’attività. Molte persone mi conoscono per le mie esperienze precedenti, i miei viaggi. Mi contattano tramite internet o alle fiere specializzate».

Come si diventa Bike Manager?

«Non è un percorso lineare. Può servire una laurea in economia del Turismo, come base, ma ci vuole tanta esperienza, anche nel contatto con il pubblico e nel front line. Bisogna capire chi hai davanti, per aiutarlo a costruire la sua giornata di viaggio. Nel mio caso, conosco anche il mezzo, ho una formazione tecnica legata alla bicicletta».

Cosa manca in Italia per creare professionisti della bici e metterli in rete?

«Manca una visione. Bisogna crederci: il cicloturismo crea indotto e business, soprattutto nei territori dove ce n’è più bisogno. Favorisce lo sviluppo locale, attiva il turismo là dove gli altri operatori non vanno, senza stravolgere la natura e l’economia dei luoghi.

Spero che gli imprenditori capiscano che serve una consulenza tecnica. Al turista, ma anche al territorio e alle istituzioni. Poi c’è bisogno di figure femminili. Sono ancora poche e devono migliorare le loro competenze».

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