Itinerari

Friuli Venezia Giulia in bicicletta: alla scoperta di una terra di frontiera e dei suoi sapori

Friuli Venezia Giulia in bicicletta: alla scoperta di una terra di frontiera e dei suoi sapori

Siamo in Friuli Venezia Giulia, una terra dove probabilmente nulla è unico ma tutto sa essere speciale.
Una regione incorniciata a nord-est come un solido cantonale di un largo quadro europeo. Una terra di frontiera, il punto di contatto tra diverse culture e diverse anime, quella del mondo germanico, quella slava e quella latina, condita da lingue e dialetti diversi: dal friulano (ci sono dei programmi Tv in lingua friulana) a quello carnico (ostico da decodificare), alla lingua ladina delle comunità montane nel nord-ovest, a quello bisiacco (nella parte meridionale del goriziano) e quello giuliano e veneto.
Tutte identità multiple dove spesso il “io” declina in “noi”.

Friuli Venezia Giulia in bicicletta

Il nostro viaggio in sella inizia a Udine, patria del Friuli e baricentro economico e culturale della “grande provincia”. Udine si offre dinamica e pronta ad accoglierti tra i tavoli di Plàzze San Jacum per un tajùt (aperitivo) serale. Ma la nostra missione, prima delle libagioni, è quella di spingerci a nord in direzione delle prealpi per percorrere l’anello dei Mulini e delle Rogge. Una via d’acqua che disegna la storia di questo territorio.

Udine_crediti Fabrizio Masi
Friuli Venezia Giulia in bicicletta | Udine, crediti Fabrizio Masi

In bici lungo l’anello dei Mulini e delle Rogge

Dal centro della città, attraverso tratti ciclabili e vie minori, pedaliamo verso Adegliacco e Reana del Rojale e poi Tricesimo, dove troveremo anche la ciclovia dell’Alpe Adria, che collega Salisburgo in Austria a Grado sul mare Adriatico. L’acqua che corre qui è quella del fiume Torre portata dalla roggia di Palma e dalla roggia di Udine.

Tricesimo_crediti Fabrizio Masi
Friuli Venezia Giulia in bicicletta | Tricesimo crediti Fabrizio Masi

Le due rogge cingono come un abbraccio la città e ne segnano la geografia urbana. Antichi mulini sono stati recuperati, come quello lungo viale Volontari della Libertà a due passi dal centro o il Molino di Giusto ancora attivo per la produzione di farine della zona, lavorate ancora secondo metodi artigianali.
L’autunno sa essere dolce quassù, pedaliamo su sterrati compatti senza dislivelli tra filari di viti e lunghe distese a foraggio, le quinte di questo spettacolo sono le prealpi che qui disegnano una scenografia da quadro realista.

Si rientra in città attraversando il parco urbano del torrente Cormor, altra via d’acqua che finirà il suo corso nella laguna di Marano. E la città alla sera si anima, sbucano ragazzi e coppie eleganti per il rito pre-serale dell’aperitivo. Bollicine o vino fermo? Sarà questo il nostro dubbio una volta riposta la bicicletta.

Il Collio: pedalando tra i vigneti

Il giorno dopo, il nostro itinerario ci porta a levante, verso Cividale del Friuli e poi verso il Collio, terra dai pregiati vini e dalle dolci colline. Qui sono rinomati i bianchi, il Pinot grigio, il Sauvignon, la Ribolla gialla (anche spumantizzata), insieme a quello che un tempo si chiamava Tocai (oggi Friulano).

Friuli: Vigneti bici_crediti Fabrizio Masi
Friuli Venezia Giulia in bicicletta tra le vigne, crediti Fabrizio Masi

Superato il fiume Torre, su strade bianche e su tratti d’asfalto, si attraversa la pianura friulana con piccole frazioni dalle minuscole case in pietra e qualche villa padronale con annesse grandi tenute. Raggiunta Cividale, si abbandona la campagna per accedere al borgo storico. L’antico Forum Iulii, da cui poi ha preso il nome tutta la regione, fu capoluogo del ducato longobardo del Friuli, della Marca friulana e capitale temporale del Patriarcato di Aquileia. Perdersi nelle strette vie che conducono alla piazza è un buon motivo per un caffè magari accompagnato agli strucchi, dolci tipici fritti, a forma di fagottini ripieni di frutta secca, uvetta e pinoli.

Oggi Cividale è una cittadina tranquilla dove si respira aria di frontiera (non mancate una visita al Monastero di Santa Maria in Valle con il prezioso Tempietto Longobardo), prima di lasciare il borgo pedaliamo verso sud lungo lo storico Ponte del Diavolo sul fiume Natisone.

Da qui, il nostro itinerario si anima per le prime salite verso la zona del Collio, da Prepotto (zona dello Schiopettino) a Corno di Rosazzo, passando per Dolegna. Qui non mancano le cantine e gli agriturismi per assaggi e spuntini con lo sguardo a filari di vigneti ordinatissimi modellati da un mitologico barbiere.

Oltre il confine: Brda

Lungo strade minori, senza quasi accorgerci, valichiamo il confine per scoprire quanto è simile il paesaggio del vicino sloveno. La Brda è semplicemente il modo in cui gli sloveni chiamano queste zone, ma il paesaggio è lo stesso, curato dalla stessa mano di viticoltore e dai piccoli castelli, come quello di Dobrovo, in cima alle colline verdi. Tenaci vinificatori producono deliziose bottiglie dove l’uva raccolta nella parte italiana si mescola allo stesso cultivar di parte slovena. E allora alziamo i calici per il nostro cin cin a fine tappa augurando Salute! e Živio! Per omaggiare questa regione di confine dove tutto si mescola tranne l’acqua con il vino.

Terra di confine che si materializza anche a tavola, qui non mancano deliziose esperienze che richiamano la cucina tradizionale friulana con i suoi formaggi (da assaggiare il Formadi Frant) o del delicato prosciutto di San Daniele, quella carnica del frico (uno sformato di formaggi di varie stagionature, patate e cipolla) o dei cjarsons (ravioli ripieni dalle diverse varianti). Oppure asburgica come il cotto caldo con il cren (la radice di rafano) e le ricette dei dolci come la Gubana dalle vicine valli del Natisone o le irrinunciabili palacinke che arrivano dall’Ungheria e si sono diffuse in molte regioni dell’ex Impero asburgico.

Il Goriziano, terra di frontiera

Il nostro itinerario lascia i profili del Collio per dirigersi verso il Goriziano attraversando la conca valliva del Preval, una piana verde fatta di silenzi e strade bianche tra gli ultimi vigneti e campi coltivati.

La nostra direzione ci porta a sfilare le alture del monte Calvario (Podgora in sloveno), teatro di
violentissimi scontri tra soldati italiani con l’esercito austroungarico durante la Prima Guerra Mondiale. È questa una zona di dolore, da qui al Carso si sono consumate feroci e inutili battaglie per spostare il fonte di poche centinaia di metri alla volta. Dal giugno 1915 alla rotta di Caporetto, si sono moltiplicate le offensive italiane riportate dai luoghi che oggi ricordiamo leggendo i libri di storia: dal San Michele e San Martino del Carso al Monte Hermada vicino a Duino, dossi e doline amare per il sangue versato.
La bicicletta ci conduce così in città, la “Berlino d’Italia”, una città divisa fino alla mezzanotte del 22 dicembre 2007 quando si sono allargate le frontiere dell’Unione Europea con l’adesione della Slovenia a Schengen.

Si chiude quindi a Gorizia il nostro viaggio a oriente, una città che è essa stessa frontiera, tagliata dal confine tracciato da una mano imprecisa, usando righello e matita a punta grossolana dopo il secondo conflitto mondiale. Una città che si è liberata dall’opprimente cortina di ferro con la Jugoslavia ma che fatica a trovare una sua nuova identità. È la città asburgica (la Nizza dell’Impero), da secoli avvolta da culture che si sovrappongono si attraggono e respingono: quella germanica, quella slava e quella latina oggi impegnate insieme per rappresentare unite la “Capitale Europea della Cultura 2025” all’insegna del motto GO!

In bici, scorriamo le ordinate piste ciclabili slovene di Nova Gorica passando al di qua e al di là della linea di un confine impalpabile per raggiungere piazza Europa (Transalpina) dove puoi saltare nel cerchio di metallo che divide i due Stati al centro della piazza. Obbligatoria una foto.

Transalpina_crediti Fabrizio Masi
Transalpina, crediti Fabrizio Masi

Vagando verso Salcano, fino a raggiungere l’estremo lembo orientale della città scopriamo storie di altre frontiere, tra Africa e Gorizia vissute dalla contessa Lyduska nel suo eremo della villa ottocentesca a cavallo del confine. Da qui, una nuova pista ciclabile ci conduce ad attraversare il fiume Isonzo lungo una futuristica passerella ciclopedonale sospesa e sorretta da nuovissimi tiranti d’acciaio – un simbolico passaggio che unisce le due sponde del fiume Sacro ai Popoli. Per continuare a pedalare, dopo una rapida salita tagliagambe, il nastro d’asfalto ci scodella lungo il Soča (il nome sloveno dell’Isonzo) che ci condurrà a nord-est verso Plava, Most na Soči e Kanal.

Ma questa è già un’altra avventura e un altro viaggio che ci porta ancora più a est tra verdissimi boschi e campagne che oggi profumano di erba bagnata e dell’odore acre del mosto.

Nota: l’itinerario proposto si può realizzare utilizzando negli spostamenti la ferrovia arrivando a Udine in treno e riprendendo il treno da Gorizia a fine viaggio utilizzando le linee regionali per il trasporto della bicicletta.

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