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Il Giro d’Italia raccontato dagli scrittori: storie, miti e leggende della Corsa Rosa

Il Giro d’Italia raccontato dagli scrittori: storie, miti e leggende della Corsa Rosa

Maggio 2024. Il Giro d’Italia numero 107 ha tagliato il traguardo finale di Roma al cospetto del Colosseo. Pronostico ampiamente rispettato con il campione sloveno Tadej Pogačar che, alla sua prima partecipazione alla corsa rosa, mette in bacheca il trofeo “senza fine” che spetta al vincitore del Giro.

È stato un assolo senza repliche. Sei vittorie di tappa, venti giorni in maglia rosa, il secondo in classifica (Martinez) lasciato a quasi dieci minuti (distacco più grande dal Giro del 1965). L’hanno definito il “Cannibale gentile”. A noi piace per il coraggio, l’istinto, la forza e per quel sorriso spensierato che non ha mai fatto mancare nelle tre settimane di gara.

Trofeo Giro d'Italia
Il trofeo della Corsa Rosa

Ma il Giro non è stato solo Pogačar, quanti altri volti e storie si sono nascoste nelle pieghe della corsa. La maglia ciclamino di Jonathan Milan, le fughe di “d’Artagnan” Alaphilippe in cerca di redenzione, i vent’anni sbarazzini di Pellizzari all’attacco sulle grandi montagne. E ancora gli occhi spenti di Thomas, il ghigno di Joker Vendrame, il commovente saluto di un inossidabile Pozzovivo al suo diciannovesimo Giro (record con Panizza).

Storie di campioni e gregari, di vincitori e sconfitti, di imprese e debacle, di resurrezioni ed eclissi, tutti accumunati dalla fatica della strada.

Un romanzo popolare: la letteratura della Corsa Rosa

Il Giro d’Italia è stato definito (a ragione) un grande romanzo popolare. Storia (e storie) di biciclette e corridori, di gente fuori dalle case assiepata in strada ad aspettare i loro miti. Storia del nostro grande Paese, di un’Italia che rinasceva dalla guerra con il ciclismo che entrava nelle case dai fili della radio.

Dal lontano 1909, anno dell’edizione numero 1, a quella numero 107 da Torino (Venaria Reale) a Roma, dalla vecchia capitale d’Italia a quella di oggi. Fatica e duelli che sono diventati pagine di letteratura.

Ripercorriamo questa stirpe di viaggiatori e narratori che lontani da cronache e tecnicismi di gara hanno raccontato la favola del Giro d’Italia. Achille Campanile è il precursore e padre di avventure di tanti cantori speciali della corsa rosa, come Alfonso Gatto, Dino Buzzati, Vasco Pratolini, Anna Maria Ortese e molte altre penne e spiriti innamorati delle due ruote che hanno han dato vita a pagine e libri da andare a sfogliare.

Achille Campanile e il Giro del 1932

Campanile fu mandato a seguire il Giro d’Italia del 1932 dall’amico Ermanno Amicucci, direttore della Gazzetta del Popolo. Ci andò controvoglia ma ben presto iniziò ad apprezzare la compagnia, la vita in strada e le storie nascoste dentro la corsa. Pedalò (o così almeno narra) fingendosi corridore e capitano della fantomatica formazione dei “sempre in coda”, capeggiata da lui e dal suo servitore Battista, uomo dai “bianchi favoriti, dignitosissimo in bicicletta”. Nel suo racconto (“un nonsense ciclistico-narrativo lungo 13 tappe e 10 soste”) riporta le gesta degli “isolati”, ossia di quei corridori senza squadra che parteciparono al Giro d’Italia vinto da Antonio Pesenti.

Il Puma di Cercola ha un diavolo per capello e non ha tutti i torti. Nella sosta a Napoli i cittadini di San Giovanni a Teduccio hanno dato a Improta, il Leopardo indigente, 150 lire, i cittadini di Barra hanno sussidiato Liguori, il Giaguaro del luogo, con 400 lire. Gli abitanti di Cercola, non hanno dato invece nemmeno un soldo a lui che, come è noto, è il Puma di quella frazione di Napoli…”.

Dagli scritti di Achille Campanile al Giro del ’32 uscirà il libro “Battista al Giro d’Italia. Intermezzo Giornalistico“.

Alfonso Gatto e le lezioni di Fausto Coppi

Fausto Coppi Murales Oropa crediti RCS
Fausto Coppi Murales – crediti RCS

Nel 1947 e nel 1948 fu la volta di Alfonso Gatto che seguì le due edizioni del Giro d’Italia da inviato per L’Unità. Lo scrittore campano teneva sempre una sigaretta tra le dita. Amava il nuoto e il calcio (tifoso del Milan e di Rivera). Amava anche il ciclismo ma confessava sorridendo di non saper pedalare e descriveva le biciclette come “macchine da angeli”.

Lo scrive in un articolo da Pescara del 6 giugno, quando Fausto Coppi, “che è un bravo ragazzo” scrive Gatto, propone di fargli da maestro. “Si immagini quale onore per me, risponde l’autore, ma è come se un bambino che deve frequentare la prima classe abbia per maestro un professore d’Università”. Il campione insiste e i due si danno appuntamento per una lezione. Anche davanti all’insigne professore, Gatto non riesce a stare in equilibrio. “Mi lasci scendere”, supplica. È troppo tardi, il poeta cade a terra, mentre Coppi scuote la testa.

“Sognando di volare”

Intanto tutta la città parla e sparla di me, conclude Gatto, i miei colleghi non sanno come comportarsi. Ma di una cosa sono certo: che se io sapessi andare in bicicletta sarei un campione. È ridicolo che ci si serva di quella macchina da angeli per camminare come fanno tutti. Cadrò, cadrò sempre fino all’ultimo giorno della mia vita, ma sognando di volare”.

Gatto passò dal Giro d’Italia ciclistico a quello sociale e umano, con racconti dalla carovana in mezzo a paesi, piazze e mercati, dove protagonista è la gente comune, appena uscita dalle macerie della seconda guerra mondiale.

Da quei due Giri d’Italia è nato il volume “Sognando di volare” (1983), a cura di Luigi Giordano per le edizioni Il Catalogo di Lelio Schiavone (una galleria d’arte a Salerno) in tutto 500 copie, una vera e propria chicca custodita gelosamente dai fortunati proprietari.

Dino Buzzati e la rivalità tra Coppi e Bartali

Dino Buzzati al Giro d’Italia
Letteratura della Corsa Rosa: Buzzati

Nel 1949 lo scrittore di Belluno fu incaricato di seguire il Giro d’Italia come inviato del Corriere della Sera. I giornalisti seguivano in macchina il percorso e al termine di ogni tappa si precipitavano in albergo, scrivevano i pezzi, e li dettavano agli stenografi dei giornali. Buzzati scrisse venticinque cronache, che sono state raccolte nel volume “Dino Buzzati al Giro d’Italia”.

Una pagina memorabile è quella che racconta la sfida e la rivalità Coppi-Bartali nella mitica tappa Cuneo-Pinerolo. “Quando oggi, su per le terribili strade dell’Izoard, vedemmo Bartali che da solo inseguiva a rabbiose pedalate, tutto lordo di fango, gli angoli della bocca piegati in giù per la sofferenza dell’anima e del corpo – e Coppi era già passato da un pezzo, ormai stava arrampicando su per le estreme balze del valico – allora rinacque in noi, dopo trent’anni, un sentimento mai dimenticato. Trent’anni fa, vogliamo dire, quando noi si seppe che Ettore era stato ucciso da Achille”.

La tappa Cuneo-Pinerolo del ’49 sarà votata nel 2012 da una giuria di cento giornalisti internazionali, come la tappa numero 1 nella storia della corsa rosa. Quel giorno la voce di Mario Ferretti dalla radio (“Un uomo solo è al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi”) salutava una delle più grandi imprese del Grande Airone, arrivato a braccia alzate al traguardo con 11’52” su Bartali e 19’14” su Alfredo Martini dopo una fuga solitaria di 190 km.

Buzzati chiuse così l’ultima corrispondenza da quel Giro: “E il prossimo anno in maggio sarà data di nuovo la partenza e l’anno dopo ancora e così via, di primavera in primavera, perpetuandosi la fiaba”.

Vasco Pratolini e il Circo del Giro d’Italia

Nel 1947 (e ci sarà anche nel 1955) arriva nella carovana rosa Vasco Pratolini, inviato speciale del Nuovo Corriere di Firenze. Lo scrittore fiorentino è un grande appassionato delle due ruote, tifoso della squadra toscana e di Bartali ma il corridore di cui parla spesso è il siciliano Corrieri “…si guadagna il pane correndo in bicicletta come milioni di uomini simili a lui se lo guadagnano lavorando nelle officine e nei cantieri. È siciliano, è venuto in continente e penso abbia una grossa famiglia da mantenere…”.

Pratolini è molto fedele alle cronache agonistiche ma allo stesso tempo racconta con la sua verve umoristica tutto quello ruota attorno (e dietro le quinte) alla gara. Si inventa l’accostamento tra la corsa e il mondo del circo. “Intanto il gran Barnum che è il Giro d’Italia dà rappresentazioni di gala una di seguito all’altra. I giornalisti fanno gli imbonitori. Fanno le capriole ai margini dello spettacolo: una gara automobilistica torno torno l’arena, mentre vecchi elefanti, gazzelle zoppe e leoni reali, in bicicletta, si esibiscono al centro. È un baraccone che passa e va… È il Circo di Buffalo Bill. Dispensa volantini e caramelle, fango e imprecazioni, felicità che durano un attimo e impolverature da dover ricorrere al tintore”.

Dalle sue partecipazioni ai Giri del ’47 e ’55 usciranno due volumi: Cronache dal Giro d’Italia (maggio-giugno 1947), con introduzione di Goffredo Fofi e postfazione di Alberto Polverosi, e Vasco Pratolini al 38° Giro d’Italia (14 maggio-5 giugno 1955).

Anna Maria Ortese, la prima donna a scrivere del Giro

Letteratura della Corsa Rosa: Anna Maria Ortese

Nel 1955 sarà la volta di Anna Maria Ortese che seguirà il Giro d’Italia per le pagine dell’Europeo, prima donna a scrivere della corsa rosa. Per non rischiare di rimanere a piedi dovette travestirsi con un berretto calato sugli occhi, togliere il rossetto e prendere un passaggio al volo da Pratolini.

Di quei giorni al Giro la Ortese scrisse tre lunghi articoli che si possono ritrovare nel volume La lente scura. Scritti di viaggio (Adelphi, 2004). Il libro è un’antologia di scritti e articoli della scrittrice usciti fra il 1939 e il 1964 su varie testate.

In questo volume soltanto venti pagine parlano del Giro del 1955. È il Giro delle lacrime del giovane Gastone Nencini, in maglia rosa fino a due giorni dall’arrivo, poi passata sulle spalle del Leone delle Fiandre Fiorenzo Magni. “Era questa domenica. Col Giro che corre verso Milano, stravolto dalla sorpresa di sabato – tutto mutato – con Magni e Coppi in testa, Nencini riassorbito dalla mediocrità di ogni giorno, non più maglia rosa, non più campione, non più la scoperta di questo 38° Giro, nulla: ferita la fronte, quiete il piede sul pedale, la mente inerte a Firenze”.

Indro Montanelli, la vita quotidiana e la politica

Nel 1947 Indro Montanelli viene incaricato dal Corriere della Sera di seguire il Giro d’Italia. Le cronache sportive di Montanelli diventano una lente per mettere a fuoco la vita quotidiana, in cui lo sport e i grandi temi della politica e della storia sono indissolubilmente legati. Montanelli racconta l’Italia con la sua penna critica e anticonformista. Ecco allora la strategia “degasperiana” di Bartali, il Giro “saragatiano” del 1948 o il gregario anarchico Menon “che rompe la rigida tattica di squadra per darsi alla fuga e, almeno per una volta, gusta la libertà ribellandosi”.

Le cronache del Giro diventano anche una sorta di diario personale: i ricordi dell’infanzia, l’esperienza in Africa, la guerra, la passione per lo sport come combattimento leale. Come quando, descrivendo il duello del 1947 sulle Dolomiti tra Coppi e Bartali, tra il nuovo campione che “avanza a testa alta” e il vecchio che “a testa alta declina”, prende le parti del vecchio perché la sconfitta è più nobile della vittoria.
Da queste due stagioni come inviato al Giro d’Italia, uscirà il volume Indro al giro: Viaggio nell’Italia di Coppi e Bartali – cronache del 1947 e 1948.

Altri scrittori

Con l’avvento di televisione, sponsor e nuovi mezzi di comunicazione i racconti-reportage di scrittori al seguito del Giro d’Italia sono andati pian piano scomparendo.

Tanti sono invece gli autori che pur non occupandosi del Giro d’Italia hanno pubblicato racconti e/o romanzi con la bicicletta protagonista o con corse/sfide a due ruote a far da sfondo. In taluni casi alcuni scrittori si sono dimostrati degli infaticabili pedalatori, compiendo viaggi e avventure in sella alla propria bicicletta.

Di romanzi e di viaggi

È il caso de Il dio di Roserio (in seguito accorpato a “il ponte della Ghisolfa” ma senza le prime cinquanta pagine) il romanzo d’esordio di Giovanni Testori. Una sfida a colpi di pedale tra l’astro nascente del ciclismo Dante Pessina e il suo gregario Sergio Consonni, ambientata nella provincia Lombarda (zona nord di Milano) del secondo dopoguerra.

Indimenticabile il trio degli scrittori romagnoli Alfredo Oriani, Olindo Guerrini e Alfredo Panzini, veri e propri pionieri dei viaggi in bicicletta a cavallo del Novecento. Era l’estate del 1897 quando Oriani (forse il primo cicloturista della storia) parte da Casola Valsenio in bicicletta per un viaggio di mille chilometri (intrapreso “senz’altro scopo che quello di viaggiare”) attraverso l’Appennino tosco-romagnolo. La sua passione per la bicicletta e il resoconto di questo viaggio saranno i temi principali del suo libro La Bicicletta (1902).

Anche Olindo Guerrini (“Sono nato (ahimè!) a Forlì; ma la mia vera patria è Sant’Alberto, dove i miei avi hanno sempre vissuto”), console di Bologna e Capo Console del Touring Club Italiano che, all’epoca si chiamava Touring Club Ciclistico Italiano, era un appassionato della due ruote. Nel 1903 compì un lungo viaggio attraverso il nord Italia fino alle pendici del Monte Rosa e le sue avventure in sella alla bici diedero vita al volume “In bicicletta. Scritti vari di argomento ciclistico”.

Ne “La Lanterna di Diogene” (1907) Alfredo Panzini racconta di un viaggio in bicicletta da Milano fino all’Adriatico. In un infuocato pomeriggio di luglio, il protagonista varca Porta Romana a Milano (città dove “è necessario possedere un sistema nervoso fabbricato appositamente”) in sella alla sua vecchia bici per raggiungere Bellaria, luogo del cuore dello scrittore.

Zavattini e Guareschi

Guareschi Don Camillo in bici
Don Camillo in bici

Vogliamo ricordare altri due scrittori, entrambi amanti della bicicletta ed entrambi emiliani, nati nella pianura lungo il fiume Po: Cesare Zavattini di Luzzara (RE) e Giovannino Guareschi di Fontanelle (PR).

Numerosi sono le citazioni e i racconti in cui Cesare Zavattini parla della bicicletta e di cosa significhi per la gente (soprattutto della bassa). In “Straparole” (Bompiani, 1967) lo scrittore “Si potrebbe fare un ritratto dell’Emilia parlando delle biciclette; anche se ce ne sono in tutto il mondo, sembra qui la loro sede naturale, nella bassa padana dove all’improvviso arrivano da una carraia o da un portone e anche da sola, spiccando sugli argini contro il cielo, assume forza di un simbolo locale come la luna bassa”.

Nel 1941 Giovannino Guareschi aveva finito di scrivere La scoperta di Milano, il suo primo libro di successo. Durante quell’estate ha pubblicato sul Corriere sei articoli raccolti in un reportage chiamato Un giretto in bicicletta, composto da racconti e cronache raccolte durante un giro ciclistico tra Emilia Romagna, Lombardia e Veneto. “E, inforcata la bicicletta, sono fuggito. In mutande, sì, in mutande. E così ho cominciato quello straordinario giro ciclistico che dovrebbe farmi transitare, pedalando trionfalmente sulla mia superleggera, per Parma, Bologna, Cesena, Riccione, Rimini, Ravenna, Ferrara, Verona, Brescia, Bergamo.

E poi Mario Soldati, Vergani, Parise, Raschi, Pasolini (stupenda l’intervista al Giro d’Italia del ’69 che improvvisò il ciclista Vittorio Adorni allo scrittore al processo alla tappa di Zavoli). Tutti appassionati di ciclismo e amanti della bicicletta.

Brera e Mura

Chiudiamo questa breve menzione di scrittori che han dato vita a una sorta di “letteratura e due ruote”, ricordando due giganti della penna più vicini ai nostri giorni Gianni Brera e il suo erede Gianni Mura.

Ritratti di campioni, cronache di tappe, articoli al seguito della corsa, racconti e romanzi, quanti ricordi e che eredità ci hanno lasciato che due unici personaggi. Le osterie, il vino e la cucina, la macchina da scrivere Olivetti, i libri, la sigaretta in mano, quante cose li accomunavano. Brera amava il rosa del Giro d’Italia, era tifoso e amico di Fausto Coppi. Mura amava il giallo del Tour de France, il gioco della petanque all’ombra dei platani, le brasserie e i rossi francesi. E si emozionava quando scattava Pantani.

Commenti

  1. Avatar Claudio ha detto:

    Persona magnifica ,conoscitore di giri e strade imperdibili , negli Appennini e Alpi ! Gran pedalatore (quando ha voglia)e conoscitore anche di osterie e trattorie “di una volta”!!

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