Mobilità

Milano diventerà a misura di bici grazie agli attivisti?

Milano diventerà a misura di bici grazie agli attivisti?

Cicloattivismo: a Milano fervono iniziative di protesta civile, si segnalano situazioni di pericolo, si sollecitano interventi necessari per avere una città più sicura. Per chi pedala, ma anche per tutti gli altri. Pedoni, motociclisti e scooteristi, gente in monopattino e anche loro, gli automobilisti. Perché la sicurezza deve riguardare tutti. E può generare nuove imprese di servizio.

Cicloattivismo e cambiamento delle forme di mobilità, iniziative e momenti di grande fervore. Sono partiti dall’attenzione crescente verso questo fenomeno tre giovani sociologi ricercatori, Matteo Spini, che oggi lavora per la Fondazione Feltrinelli, Jacopo Targa, assegnista presso l’Università degli Studi di Padova, ed Elena Colli, consulente ed esperta di mobilità sostenibile. Insieme, si sono impegnati in una ricerca indipendente, che ci aiuta a capire se Milano è, o potrebbe diventare una città bicicentrica.

Intervista a Matteo Spini, per capire il cicloattivismo a Milano

Ne parliamo con Spini, coautore del saggio Ecologia digitale (Altreconomia). Lui, nato a Morbegno, in Valtellina, ha studiato e lavorato in Italia (Bologna), Spagna, Bolivia e Panama, in contesti multiculturali. Oggi vive a Milano. E la osserva, tra affetto e spirito critico, da pedone, ciclista e utilizzatore di mezzi pubblici.

Matteo Spini Cicloattivismo Milano
Com’è la situazione biciclette a Milano? Si rischia la pelle o c’è una nuova attenzione e tutela?

«La prima osservazione è che le proteste dei ciclisti si sono moltiplicate dal Covid in poi e il movimento del cicloattivismo è cresciuto, dopo il ritorno alla normalità. Ci siamo chiesti perché».

Il Movimento del cicloattivismo è un’istituzione?

«Lo abbiamo definito così, ma in realtà è un insieme di gruppi eterogenei, che comprende associazioni istituzionalizzate, come Legambiente e Fiab, ma anche attivisti dei centri sociali, ecoinfluencer come Ilaria Fiorillo, il Comitato Colibrì, che porta avanti la campagna “Sai che puoi” e altre iniziative per stimolare la partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica.»

Ci parli della vostra ricerca?
Milano auto in sosta irregolare Via Libera "Sai cha puoi?"

«Una premessa: l’Italia è il Paese più autocentrico di Europa, ci sono 6,7 auto ogni 10 abitanti. Milano, con 4,9 auto su 10 abitanti, rimane una città autocentrica. L’auto è al centro di un sistema di potere, che esclude ed “espelle” gli altri soggetti dallo spazio urbano. Le auto colonizzano anche marciapiedi, ciclabili, strisce pedonali. A maggio, “Sai che puoi” ha mobilitato 2mila volontari in un progetto di Citizen science, per mappare le strade di Milano. Il risultato: 64mila vetture in sosta irregolare».

Radici del problema?

«L’autocentrismo è sostenuto da decenni di politiche pubbliche e dalla cultura dell’auto come mezzo di libertà e indipendenza, propagandato dal marketing e dalla pubblicità. La prospettiva autocentrica è storica, a Milano. Il Covid però ha stimolato il boom dell’utilizzo delle bici. Varie le spinte: la volontà di distanziamento sociale, utile per limitare i contagi, ed evitare l’uso dei mezzi collettivi, gli incentivi del Governo Conte all’acquisto di bici e alle infrastrutture ciclabili, gli interventi diretti della giunta Sala, a Milano, con la realizzazione di piste, tra cui la discussa via che unisce Sesto San Giovanni, Corso Buenos Aires, fino a San Babila, e le altre».

Che risultati ne sono emersi, in sintesi?

«La città non è riuscita ad adattarsi alla nuova domanda di sicurezza e di vie per chi pedala. Lo testimonia il significativo aumento di incidenti che coinvolgono ciclisti, compresi i 5 incidenti mortali del 2023. Il ritmo di adattamento è troppo lento. Si lotta contro uno stile di guida aggressivo, una situazione critica in cui bisognerebbe alzare l’asticella con interventi più decisi e ambiziosi. 60mila persone l’anno muoiono per l’inquinamento atmosferico e la riduzione di veicoli a benzina e diesel migliorerebbe la situazione: non ci basta questa evidenza?»

Cicloattivismo a Milano: che frutti ha portato o porterà?
Proteggimi Milano

«L’ondata di cicloattivismo del 2021 ha fatto parlare di sé in tutta Italia. Le proteste hanno avuto grande risonanza mediatica. Per esempio, la tattica di “ProteggiMi”, in cui persone e bici si uniscono in catene per proteggere e segnalare la fragilità delle nuove piste ciclabili, sistematicamente invase dalle auto. Poi ci sono stati i momenti di commemorazione delle vittime stradali e i rituali collettivi di forte impatto emotivo organizzati dai cicloattivisti. È importante canalizzare le emozioni per mettere sotto pressione il governo cittadino, affinché aumenti la sicurezza nelle strade di Milano. La comunicazione ha usato, egregiamente, anche i social media Indice che nell’attivismo sono impegnati anche professionisti della comunicazione».

Altri buoni frutti?

«Il tema della ciclomobilità e della sicurezza stradale è entrato nel dibattito pubblico e nell’agenda politica. Ora bisogna passare dalle parole ai fatti, con azioni concrete di maggiore impatto. Gli interventi a Milano non sono paragonabili a quelli fatti a Bologna, Parigi, Londra e Bruxelles, città in grandissima trasformazione. A Milano le ambizioni sono, per così dire, ridotte, anche se esiste una task force dedicata e membri nel Consiglio comunale, che hanno fatto passare proposte come i sensori sui mezzi pesanti e l’aumento del numero di strade a 30 km/h e di ciclabili. Ma la giunta ha detto no alla proposta di trasformare Milano in una città 30 all’ora. Una misura chiave per ridurre gli incidenti stradali, che cozza però contro gli interessi dei commercianti e della lobbies automobilistiche. Milano è debole nel senso delle politiche pubbliche per la mobilità, manca di pianificazione forte e di competenze scientifiche per realizzare progetti ben fatti. In altre grandi città si sono operate scelte che sembravano impopolari, per scoraggiare l’uso delle auto. Ma chi le ha promosse alla fine ha avuto il favore delle urne, segno che i cittadini apprezzano le ricadute positive di una riduzione del traffico nelle vite di tutti».

Che imprese sono nate a Milano a seguito di questo cicloattivismo?
ciclofficina milano

«Molte ciclofficine, frutto anche della diffusione delle bici dopo i bonus. Sono spesso anche luoghi conviviali, con ristorazione, organizzazione di eventi. Interessante questa ibridazione di attività. Un limite delle mobilitazioni di sensibilizzazione dei cicloattivisti è che non sono riuscite a coinvolgere il popolo dei rider. Eppure anche a loro servirebbe una campagna di educazione al rispetto delle regole, per stimolare comportamenti a beneficio della sicurezza di tutti. La proposta di attività di educazione e formazione, a scuole, quartieri, centri civici, amministrazioni, potrebbe essere un’iniziativa imprenditoriale da suggerire. Anche quella dell’insegnamento dell’uso della bici, che può affrancare molti dall’uso di auto e mezzi pubblici, per un’indipendenza personale e un risparmio reale».

Se fossi un pubblico amministratore, cosa faresti per una Milano bicicentrica?

«Molte iniziative per ripensare la mobilità urbana. Velocità ridotta, meno auto, meno parcheggi e recupero degli spazi urbani per l’uso delle persone, con chiusura al traffico. Azioni sulla sosta irregolare, perché finalmente sia percepita come un comportamento non normale e normalizzato, ma pericoloso».

Milano come Amsterdam: quanto è vicino un futuro così?

«Per ora è lontano. Ad Amsterdam si è arrivati all’attuale situazione bicicentrica dopo una grossa mobilitazione civile, partita anche da associazioni di parenti di vittime stradali. Ci sono stati momenti di grande conflittualità con le istituzioni. Qui in Italia non siamo allo stesso livello di scontro, i toni del confronto sono morbidi».

ebook

Ebook Mobilità Ciclistica
Scopri

Commenti

  1. Avatar Vincenza ha detto:

    Grazie per gli ottimi spunti, Giuliano!

  2. Avatar Vincenza ha detto:

    grazie per l’ottimo spunto, Giuliano!

  3. Avatar Ozzir Rizzo ha detto:

    Il movimento attivistico che ha preso forma in questi anni a Milano nasce dall’esigenza di spostarsi in modo più veloce, comodo e sostenibile. Le associazioni e i comitati uniti hanno creato una rete di interesse sostenibile, ognuno per la propria specialità. Una mobilità dolce a favore della salute e dell’ambiente è possibile, ma c’è bisogno di normative nazionali che favoriscano questo processo anche economicamente. Diversi i progetti e le proposte ma per l’attuazione la voglia di fare non basta, servono norme, volontà politica e fondi economici.

  4. Avatar Giuliano ha detto:

    Buongiorno, volevo segnalare agli utenti di tale sito, l’elenco dei candidati alle elezioni europee, che hanno manifestato il loro supporto all’utilizzo della bici.
    C’è un foglio di calcolo dove si può trovare la suddivisione per Stato, Partito nazionale e Gruppo Europeo ed anche un collage con le foto relative ai 190 candidati.
    Penso che gli utenti di questo sito dovrebbero conoscere tali candidati.
    https://votebike.eu/pledge/ (indirizzo pagina)
    https://ecfbrussel-my.sharepoint.com/:x:/g/personal/a_reibold_ecf_com/EV8zq_AxZxFEr6WCVQqaoEsBh1O7XZGl_YsVvlUPkFpbQA?e=Ewq311

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *